I bambini di Svevia (Romina Casagrande)
- dalibookblogger
- 27 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 8 mag 2020
Una protagonista indimenticabile, una promessa importante da mantenere: Romina Casagrande riporta alla luce una pagina dimenticata della storia italiana.

“I bambini di Svevia” è un romanzo che mi ha sorpreso e che si è rivelato molto più di ciò che mi aspettavo. Merito di Edna, l’anziana protagonista, e del suo fedele amico Emil, un pappagallo che le fa compagnia da sempre. Edna mi ha conquistata per la sua fragilità, la cura con cui si occupa dei suoi fiori, ma anche per il coraggio, la determinazione e la forza straordinaria. Romina Casagrande dà voce a una donna piena di grazia, di buon cuore, che ci invita a riscoprire le piccole cose della vita, il valore nascosto dietro parole semplici, dietro la memoria, la dedizione, l'affetto.
Il viaggio di Edna
Ormai anziana, Edna decide di affrontare un lungo viaggio a piedi: quello che da Castelbello la porterà a Ravensburg, dove da bambina ha lavorato presso una masseria. I bambini altoatesini, infatti, venivano venduti al mercato del bestiame per essere destinati al duro lavoro nelle ricche fattorie dell'Alta Svevia. Intraprendevano quindi il viaggio a piedi tra le montagne, che li avrebbe portati a conoscere la fatica, la miseria, il degrado della vita alla fattoria. Romina Casagrande racconta i soprusi e le violenze di cui i bambini erano vittime, compiendo un atto di grande coraggio, facendo memoria storica. Lo fa affinché tutti sappiano, e per questo la ammiro.
"Nella nicchia, dietro la madia, era appoggiato un bastone di legno scortecciato. Accanto, uno zaino e uno scialle di lana, appesi alla gruccia quasi attendessero soltanto di essere indossati. Si trovavano lì, nell'esatta posizione in cui li aveva lasciati al ritorno dalla fattoria, quando era una bambina di dieci anni. Pronti per riaccompagnarla in un nuovo viaggio, per riportare a casa Jacob."
Jacob ed Emil: i compagni di tutta una vita
A spingere Edna a intraprendere il viaggio è il desiderio di ricongiungersi al suo caro Jacob, che da bambino, alla fattoria, l’aveva protetta e accudita, rappresentando per lei l’unico barlume di umanità in quegli anni bui. È a Jacob che Edna deve la sua salvezza, a lui che aveva organizzato la fuga. Da quella volta non si sono mai più rivisti. Il valore di questo romanzo sta proprio nell’attribuire importanza vitale al ricordo, che diventa indelebile e insuperabile: alle parole di Jacob, come quelle di una promessa, ai suoi gesti di accudimento, che assumono un valore tale da essere il centro attorno cui ruota l’intera vita di Edna.
Perché leggere "I bambini di Svevia"
Per riscoprire un episodio della storia italiana di cui si è parlato pochissimo (io personalmente non lo conoscevo). Per innamorarci della grazia di Edna, della dolcezza di Emil. Perché è un romanzo che vi farà stringere il cuore. Per augurarci di poter invecchiare come lei, mantenendo la sua dignità, la sua compostezza, la sua forza d’animo. Edna che attraversa le montagne, a piedi, trascinando il trasportino con dentro Emil, è un’immagine a me cara, che non dimenticherò facilmente, che mi ispira tenerezza e che mi farà ricordare per sempre i bambini di Svevia.
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